Le unità di misura della traduzione: la cartella, la parola e…

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Come posso calcolare il prezzo di una traduzione? Come stabilire la reale “lunghezza” di un testo da tradurre? Quali sono le unità di misura della traduzione?

Oggi cercherò di far chiarezza riguardo questi e altri possibili dubbi in merito alle unità di misura della traduzione.

I principali metodi di conteggio utilizzati oggigiorno (oltre ai report forniti dai vari CAT tool) sono la cartella, la parola e un ibrido ottenuto dai due precedenti.

La cartella

Iniziamo dal metodo più comune e utilizzato come unità di misura della traduzione: la cartella.

Questa può essere di varie “lunghezze”, purtroppo online se ne possono trovare svariate, capaci solo di confondere le idee e aumentare il marasma già presente. Mi focalizzerò quindi su quelle più utilizzate e accettate dagli addetti ai lavori.

La cartella classica

La più comune, considerata principalmente per le traduzioni tecnico-scientifiche e composta da 1.500 caratteri (battute) spazi inclusi, calcolata su una base di 25 righe di 60 caratteri ciascuna.

25X60= 1.500

La cartella editoriale

Usata principalmente nel campo dell’editoria, conta 2.000 caratteri spazi inclusi.

La cartella legale

Applicata al mondo delle traduzioni legali e in ambito giuridico, conta 1.250 caratteri. Ideata per far sì che una cartella occupi per intero un foglio protocollo legale.

La parola

Un’altra unità di misura spesso utilizzata è la parola.

Stabilendo un prezzo per ogni parola tradotta, si può facilmente ottenere il costo totale richiesto per il proprio lavoro (basato spesso sul testo di partenza).

parole X tariffa a parola.

Pro e contro

Entrambi i metodi portano con sé pregi e difetti.

Il calcolo basato sulla cartella, ad esempio, ha come pregio quello di rispettare il lavoro del traduttore in quanto basa il proprio conteggio sull’effettivo tempo di digitazione (e di lavoro) del linguista, spazi compresi in quanto lo spazio risulta essere tempo di digitazione al pari del testo effettivamente scritto.

Può però risultare poco chiara agli occhi del cliente, specialmente se non avvezzo al mondo della traduzione, in quanto non tutti i clienti conoscono gli strumenti per calcolare il numero di caratteri che compongono un testo, o quali siano le cartelle considerate “valide” o ancora se la cartella di riferimento sia adeguata al testo in oggetto.

Il calcolo basato sulla parola, al contrario, ha il pregio di essere più trasparente nei confronti del cliente (chiunque può facilmente sapere quante parole compongono un testo).

Risulta però limitante, specialmente per quelle lingue caratterizzate da una maggiore frequenza di parole di lunghezza maggiore o minore rispetto alle altre, come il tedesco (maggiore) e l’inglese (minore) confrontate ad esempio con l’italiano.

Può quindi essere utilizzato il terzo metodo, da me precedentemente chiamato ibrido, ideato per ovviare ai problemi riscontrati nei due metodi precedenti, ovvero la cartella basata sulle parole anziché sui caratteri.

La cartella (a parola)

Sintetizzando: vista la presenza di lingue con maggiore o minore frequenza statistica di parole composte da un numero maggiore o minore di caratteri, possiamo avvalerci della cartella basata su un numero dato di parole, standard per ogni lingua (calcolata proprio in relazione a questa frequenza).

Si considera ad esempio che la parola italiana sia composta mediamente da 6,875 battute (come riportato da A.i.t.i.).

Se quindi l’inglese è notoriamente una lingua caratterizzata da termini composti da un basso numero di caratteri, la cartella standard per un testo inglese sarà di 250 parole, quella italiana di 218 e la francese di 212.

Resta poi da chiarire se il conto debba essere effettuato sul testo di partenza o sul testo di arrivo. Per il conteggio a parola si prende solitamente in esame il testo sorgente mentre per la cartella (e specialmente verso l’italiano) viene più spesso considerato il testo di arrivo.

Personalmente ritengo che il metodo migliore debba essere il più comprensibile per il cliente, utilizzando quindi come unità di misura la parola o ancor meglio la cartella a parola, calcolate entrambe sul testo di partenza, al fine di poter essere più professionali (vedendoci riconosciuto il lavoro effettivamente svolto) e trasparenti (il cliente potrà facilmente verificare quanto affermiamo).

Detto questo il metodo ottimale sarà sicuramente quello capace di mettere d’accordo traduttore e cliente, facendo sempre riferimento a unità di misura riconosciute e in grado di valorizzare il lavoro del primo e di soddisfare allo stesso tempo le necessità del secondo.

Stefano Gaffuri

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